Il termine “colombario” indica un edificio sepolcrale caratterizzato dalla presenza sulle pareti di file di nicchie con contenitori di terracotta per accogliere le ceneri dei defunti.
Grandi colombari vennero costruiti a Roma tra la fine dell’età repubblicana e il principato Flavio (seconda metà del I secolo d.C.), per garantire una sepoltura dignitosa a un gran numero di liberti.
Questi edifici furono realizzati dai membri della famiglia imperiale o da importanti senatori per i loro schiavi e liberti, oppure da privati che poi vendevano gli spazi.
Dagli scavi effettuati nel 1838 dalla famiglia Doria Pamphilj, in prossimità del Casino del Bel Respiro, è stato rinvenuto un complesso sepolcrale tra cui il Grande Colombario da cui provengono i resti di vivaci pitture che decoravano un muro di recinzione di un monumento di tufo e peperino con la rappresentazione di una finta porta.
Doveva accogliere più di 500 loculi.
Tra le file di nicchie erano dipinti fregi figuranti paesaggi idillico-sacrali, quadretti con frutta e uccelli, episodi mitologici e scene conviviali: nei paesaggi, si vedono scene di vita agreste, tempi, santuari rustici; piante e animali sono rappresentati con grande attenzione naturalistica, vicino a cesti di frutta; le immagini conviviali alludono ai piaceri della vita, come la buona tavola; gli episodi mitologici raccontano storie come l’uccisione dei figli di Niobe da parte di Apollo e Artemide.
I fori che restano sull’intonaco ci ricordano che era uso appendere in questo luogo ghirlande di fiori freschi.
Sotto ogni nicchia è dipinta una tabella (tabula ansata) contenente l’iscrizione con il nome del defunto o del proprietario.
Articolo di Sofia S.
lunedì 27 aprile 2015
Horti Sallustiani
Gli "horti" occupavano la zona compresa tra la via salaria, le mura aureliane e via veneto:intorno alla Roma antica.
Uno di questi era il grandioso parco che inizialmente apparteneva all’imperatore di Roma Cesare e a alla sua morte venne acquistato dallo storico Sallustio.
Successivamente la villa, a partire dall’imperatore Tiberio, fu restaurata e rimase proprietà degli imperatori: molte volte l'imperatore Vespasiano ci alloggiò; Adriano fece importanti lavori di ristrutturazione e fece costruire una specie di ippodromo dove l’ imperatore amava galoppare col suo cavallo; quando Alarico occupò la città, la villa subì gravissimi danni mai riparati.
Questa villa poi rimase allo Stato Italiano per moltissimo tempo, fino all'unità d'Italia quando fu distrutta per costruire via Nazionale. Per fortuna Ludovico Ludovisi raccolse e acquistò diverse opere e costituì una grande collezione che prende il suo nome.
Articolo di Davide A.
Uno di questi era il grandioso parco che inizialmente apparteneva all’imperatore di Roma Cesare e a alla sua morte venne acquistato dallo storico Sallustio.
Successivamente la villa, a partire dall’imperatore Tiberio, fu restaurata e rimase proprietà degli imperatori: molte volte l'imperatore Vespasiano ci alloggiò; Adriano fece importanti lavori di ristrutturazione e fece costruire una specie di ippodromo dove l’ imperatore amava galoppare col suo cavallo; quando Alarico occupò la città, la villa subì gravissimi danni mai riparati.
Questa villa poi rimase allo Stato Italiano per moltissimo tempo, fino all'unità d'Italia quando fu distrutta per costruire via Nazionale. Per fortuna Ludovico Ludovisi raccolse e acquistò diverse opere e costituì una grande collezione che prende il suo nome.
Articolo di Davide A.
La niobide degli Horti Sallustiani.
Una statua che si trovava negli horti Sallustiani è la Niobide.
Rappresenta una fanciulla, che era una delle figlie di Niobe, ferita sul petto da una freccia.
La leggenda racconta che Niobe andava tanto fiera della sua facilità nell’avere figli, ne aveva ben 14, al punto da prendere in giro Latona che ne aveva solo due. La dea offesa ordinò ai figli Apollo e Artemide di punire Niobe uccidendo tutta la sua prole a colpi di freccia.
Questa statua realizzata da artisti greci di periodo ellenistico, fu utilizzata come arredo degli horti Sallustiani e a quanto pare, apparteneva originariamente alla decorazione frontale di un tempio.
Articolo di Davide A.
Rappresenta una fanciulla, che era una delle figlie di Niobe, ferita sul petto da una freccia.
La leggenda racconta che Niobe andava tanto fiera della sua facilità nell’avere figli, ne aveva ben 14, al punto da prendere in giro Latona che ne aveva solo due. La dea offesa ordinò ai figli Apollo e Artemide di punire Niobe uccidendo tutta la sua prole a colpi di freccia.
Questa statua realizzata da artisti greci di periodo ellenistico, fu utilizzata come arredo degli horti Sallustiani e a quanto pare, apparteneva originariamente alla decorazione frontale di un tempio.
Articolo di Davide A.
domenica 26 aprile 2015
Il Pugilatore a Riposo
Il soggetto dell’opera, realizzata in bronzo, è un pugile alto 128 cm, seduto su un sedile in roccia, colto in un momento di riposo alla fine di un incontro.
Il pugile presenta due caratteristiche che si contrastano tra di loro perché ha le braccia poggiate sulle gambe, mentre la testa “viene girata” di scatto.Il corpo del pugile, che presenta molti muscoli già sviluppati, e il viso, dove si nota la cura della barba e dei capelli, ci fanno comprendere che è un uomo maturo e non un ragazzo; inoltre presenta i segni di numerosi incontri passati, come le orecchie tumefatte che sembrano indicare uno stato di sordità causato dai ripetuti colpi ricevuti.
Se si guarda la statua del pugile frontalmente si nota la forma del naso, che non è regolare, infatti si capisce subito che è rotto; gli inserti in rame, sulla spalla destra, sull'avambraccio, sui guanti e sulla coscia, rappresentano gocce di sangue che provengono proprio dalla frattura al naso.Il pugile sulle mani indossa complessi guantoni di cuoio e stringhe, forniti di un bordo doppio di pelliccia e di una fascia che univa quattro dita e lasciava il pollice libero. Grazie ha questi guantoni possiamo risalire all’epoca in cui è stato realizzato l'opera, intorno al I secolo a.C., che viene attribuita allo scultore Lisippo.Il pugile è privo di occhi, perché sono stati realizzati a parte in pasta vitrea e nel momento del ritrovamento della statua, avvenuto a Roma alle pendici del Quirinale nel 1885, non furono ritrovati.
Articolo di Marianna A.
Il pugile presenta due caratteristiche che si contrastano tra di loro perché ha le braccia poggiate sulle gambe, mentre la testa “viene girata” di scatto.Il corpo del pugile, che presenta molti muscoli già sviluppati, e il viso, dove si nota la cura della barba e dei capelli, ci fanno comprendere che è un uomo maturo e non un ragazzo; inoltre presenta i segni di numerosi incontri passati, come le orecchie tumefatte che sembrano indicare uno stato di sordità causato dai ripetuti colpi ricevuti.
Se si guarda la statua del pugile frontalmente si nota la forma del naso, che non è regolare, infatti si capisce subito che è rotto; gli inserti in rame, sulla spalla destra, sull'avambraccio, sui guanti e sulla coscia, rappresentano gocce di sangue che provengono proprio dalla frattura al naso.Il pugile sulle mani indossa complessi guantoni di cuoio e stringhe, forniti di un bordo doppio di pelliccia e di una fascia che univa quattro dita e lasciava il pollice libero. Grazie ha questi guantoni possiamo risalire all’epoca in cui è stato realizzato l'opera, intorno al I secolo a.C., che viene attribuita allo scultore Lisippo.Il pugile è privo di occhi, perché sono stati realizzati a parte in pasta vitrea e nel momento del ritrovamento della statua, avvenuto a Roma alle pendici del Quirinale nel 1885, non furono ritrovati.
Articolo di Marianna A.
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